Seduta del 3 maggio 1973

L’ offensiva terroristica si abbatte sul Msi-Dn; è completamente assente l’azione repressiva dello Stato. Nell’aprile del 1973 un gravissimo episodio si verifica a Roma: ultrà comunisti appiccano il fuoco all’abitazione di Mario Mattei, segretario della sezione missina romana del popoloso quartiere di Primavalle. Nel rogo muoiono due figli del dirigente di partito: Virgilio, apprezzato militante, e il piccolo Stefano. La strage suscita profonda commozione nel Paese. Ecco come Giorgio Almirante replica alla Camera all’insoddisfacente risposta ministeriale sui gravissimi fatti di Primavalle .
Il rogo in casa Mattei a Primavalle

ALMIRANTE:” Signor Presidente, ringrazio lei personalmente e spero di poter dare atto alla Presidenza come istituto delle nobili parole di cordoglio pronunciate oso ritenere o in nome di tutta l’Assemblea, dei molti banchi vuoti e dei pochi banchi occupati negli altri settori, in quanto oso sperare che tutta l’Assemblea, i presenti e gli assenti, consentano con la ferma deplorazione e condanna dell’ incivilita. Questo è il termine che ella ha usato, è il termine che è stato usato dal signor ministro dell’Interno, è un termine che mi sono permesso di usare io nel corso delle onoranze funebri ai due fratelli Mattei in un momento che, se me lo consente, signor Presidente, se me lo consentono i colleghi presenti, è stato senza alcun dubbio uno dei più duri e sofferti della mia esistenza. Così come ritengo sia questo un grave momento, perché non mi piace essere costretto a scendere a considerazioni politiche quando tutti insieme, e soprattutto noi, dovremmo guardare l’orrendo rogo di Primavalle soltanto in termini di condanna, al di là e al di sopra delle parti. Non posso per altro fare a meno e penso che ella, signor Presidente, me ne darà atto e che me ne dia atto tutta la pubblica opinione italiana di replicare al Governo nella persona del ministro dell’Interno; di replicare per quanto concerne una sia pur molto sommaria analisi dei fatti che hanno preceduto e che hanno seguito la strage di Primavalle; di replicare per quanto concerne talune considerazioni contenute nella nostra interpellanza alle quali ha risposto il ministro dell’Interno. Quanto ai fatti, signor ministro, non basta affermare, come ella ha fatto poco fa, che in questo dopoguerra si sono consolidati gli istituti della democrazia in Italia. Bisogna dimostrarlo. Non basta essere i rappresentanti legittimi in termini democratici del Governo e, quindi, dello Stato; bisogna esercitare la propria funzione di controllo, di prevenzione, di educazione. In data 12 aprile il quotidiano del nostro partito pubblicava con evidenza una nota relativa ad un precedente attentato alla sezione di Primavalle. È sufficiente leggere il titolo di questa nota per rendersi conto delle pesantissime responsabilità, per la mancata vigilanza e prevenzione, cui sono andate incontro le pubbliche autorità. Il titolo dice: «Dopo l’attentato alla sezione di Primavalle – Ricercare i responsabili e potenziare la vigilanza – Interrogazione in Parlamento dell’onorevole Giulio Caradonna – Comunicato della direzione provinciale del Msi-Destra Nazionale – Ordine del giorno del gruppo consiliare della destra nazionale della regione Lazio». Vi è una fotografia relativa alla sezione di Primavalle devastata dall’esplosione, ma vi è soprattutto, nel comunicato della direzione provinciale del nostro partito, un passo che io mi permetto di sottoporre alla vostra civile attenzione e sensibilità; un passo che si riferisce ad un precedente attentato di circa un anno fa, nel corso del quale otto nostri giovani, che stavano discutendo sui problemi della nostra gioventù, nel chiuso di una sede di via Noto, sono stati arsi vivi. Due di loro sono rimasti degenti presso quello stesso ospedale di Sant’Eugenio ove adesso giace Mario Mattei, l’uno per sei mesi, l’altro per due mesi, mentre gli altri se la sono cavata con ustioni di minore gravità. La tecnica dell’assalto è stata a un di presso la medesima; in quel caso vennero usate bottiglie molotov, ma bottiglie molotov incatramate, di guisa che il catrame così mi hanno spiegato allora i nostri giovani si appiccichi alle carni ed il fuoco ustioni il più profondamente possibile. Questo precedente non fece gran chiasso, perché si trattava delle carni bruciate di otto giovani del Movimento sociale italiano o, come suol dirsi, di neofascisti o di fascisti; e gran chiasso (lo si vede dallo spettacolo odierno di quest’aula, lo si è visto anche dalla mancata presenza del Presidente titolare, lo si è visto dal tentativo compiuto dal Governo, e per esso dal ministro dell’Interno, di ritardare questa discussione) non hanno fatto nemmeno le carni bruciate di Virgilio o di Stefano Mattei, perché si tratta di carni «missine» o, come volgarmente dicesi, fasciste o neofasciste. Misure di prevenzione furono da noi richieste prima delle giornate del 15, 16 e 17 aprile, e furono da noi richieste non già in relazione alle voci che a Primavalle si diffusero la sera prima, o la notte prima o la sera stessa del rogo, ma in relazione ai precedenti, reiterati attentati, i quali tutti avevano avuto (le autorità non hanno mai potuto smentirci, e nessuno dei nostri comunicati ufficiali non è stato mai smentito) una matrice chiarissima, perché gli aggressori in quelle occasioni si erano avvalsi o del lancio di pietre contro la sezione, inizialmente, o del lancio di bottiglie molotov, giungendo in talune serate a stringere d’assedio la sezione, ed appartenevano a gruppi extraparlamentari di sinistra. Quando noi, quindi, parliamo ora della matrice politica del rogo di Primavalle, siamo costretti a parlarne, dolorosamente (e preferiremmo non farlo, perché ci rifiutiamo di pensare che belve umane siffatte esistano in qualunque settore del Parlamento o in qualunque settore politico al di fuori del Parlamento), perché i fatti, che erano a conoscenza, nelle loro origini, delle autorità, ci costringono ad andare alla ricerca, all’individuazione facilissima, ovvia addirittura della matrice politica che ha ispirato e portato a termine questo orrendo, bestiale attentato. I fatti si riferiscono anche al comportamento della polizia giudiziaria, e, mi duole dirlo, della magistratura inquirente. Il signor ministro è stato autorizzato a dire alcune cose, nonostante l’esistenza del segreto istruttorio che (e il signor ministro lo vorrà riconoscere, perché al riguardo vi è un’iniziativa molto precisa degli avvocati della parte civile, di cui danno notizia i giornali di questa mattina) è stato largamente violato da certa stampa, abituata da sempre a violarlo. Mi riferisco, tanto per fare un esempio, ad una nota apparsa su L’Espresso, a firma, se non erro, di Catalano. Il signor ministro, dunque, è stato autorizzato a riferire alcuni dati, ed io, rispettoso della magistratura come istituzione, non andrò oltre quei dati. Quando però il signor ministro ci dice che le indagini sono state stringenti, mi consenta di fargli rilevare che lo hanno messo in condizione grazie a quella comunicazione del Ministero di grazia e giustizia di dire una ridicola assurdità: «stringenti»! Signor ministro, la prima perizia nella casa della famiglia Mattei, nell’apparta­mentino se così si può chiamare o in quello che ne rimane, è stata compiuta l’altro giorno. Ma in precedenza, avendo la magistratura inquirente falsamente fatto conoscere che erano stati apposti i sigilli (che sembra non fossero apposti o che comunque non hanno funzionato), perizie «giornalistiche», se così posso chiamarle, erano state compiute e i responsabili di tali perizie non avevano esitato a dirlo. Leggo da Il Messaggero di questa mattina: «Tali misurazioni» (ci si riferisce alle misurazioni nell’appartamento che avrebbe dovuto essere sigillato e periziato penso immediatamente dopo il rogo) «da noi effettuate pochi giorni dopo l’incendio, servono per capire», eccetera. I giornalisti, taluni giornalisti (non solo quelli de Il Messaggero, anche quelli de l’Espresso, che hanno pubblicato informazioni analoghe) hanno avuto libero accesso all’appartamentino del rogo, mentre coloro che avevano il dovere di compiere immediate perizie e di impedire intrusioni non adempivano l’un dovere né l’altro. E c’è di più: «stringenti», le indagini? Se noi siamo bene informati, senza bisogno di far perizie, a nostra volta, esistono, entro pochi metri, entro poche decine di metri dall’abitazione della famiglia Mattei, sei sedi o circoli di gruppi extraparlamentari di sinistra. Non risulta che una tra queste sedi o uno tra questi circoli sia stato visitato da chi doveva credo indirizzare le indagini «anche» in quella direzione. Guardi a che punto arrivo: «anche», o almeno, o soprattutto, o soltanto. Arrivo a dire «anche» in quella direzione . Non una tra quelle sedi è stata perquisita: e ormai penso che vi possiate dispensare dal muovervi, perché sarebbe poi una beffa ancor peggiore del danno e della vergogna sentirci dire, domani o dopodomani, che vi è stata una qualche perquisizione: naturalmente senza esito. Certo, senza esito, signor ministro, me ne rendo conto e se ne rende conto anche lei. Ma resta il fatto grave che finora non una di quelle sedi è stata perquisita. Oh!, se l’attentato avesse avuto una diversa, opposta matrice politica; se, e non lo auguro a nessuno tra i nostri avversari, a nessuno di quelli che ho il diritto anche personale di definire nemici, a nessuno tra coloro che anche personalmente mi ingiuriano e mi calunniano da anni a questa parte, a nessuno auguro che accadano cose simili nella sua famiglia politica; ma se fossero accadute in altra famiglia politica e se per assurdo i responsabili fossero stati individuati in questo settore… oh, allora a decine, forse a centinaia si sarebbero contati gli avvisi di procedimento, gli avvisi di reato, gli arresti, i fermi; interi quartieri di Roma sarebbero stati passati al setaccio. Ma siccome si tratta di indagini che «potrebbero» toccare «anche» i gruppi extraparlamentari di sinistra (non dico, per carità, il Partito comunista), nessuna perquisizione è stata finora compiuta. E queste sarebbero indagini «stringenti»? E cosa dire del fatto che come ella stesso, signor ministro, ha detto, riferendo quello che le è stato detto di riferire si raccolgono indizi (sappiamo tutti di che indizi si tratta perché tutti i giornali ne hanno parlato: la mappa o pianta dell’appartamento Mattei, il famoso elenco di «missini» da colpire) e poi, pur essendosi trovati documenti, indizi assai seri, da un lato si dichiara (e queste sono notizie) che la imputazione è di detenzione di esplosivi ma che gli indizi sono del reato di strage, e dall’altro si annuncia che fino a questo momento nessuno è stato incriminato per strage? Si tratta di indizi non controllati fino a questo momento, perché neppure al controllo degli indizi ó se noi siamo bene informati, e ci sembra di esserlo ó si è giunti (e sono oggi passati 17 giorni dal rogo di Primavalle). Questo rapidissimamente per quanto attiene ai fatti. Ma, per quanto attiene alle valutazioni, onorevole ministro, cosa dire in ordine al Governo? E particolarmente in ordine al Ministero dell’interno per le sue responsabilità? E in ordine alla RAI TV? E in ordine a certa stampa di regime pagata con i denari dei contribuenti italiani, non certamente con i contributi dei lettori, su cui abbiamo detto poco nel testo della nostra interpellanza? Non si azzardi, onorevole ministro, a respingere come false le nostre affermazioni, non si arrischi a definirle insinuazioni, perché lei ha dei tristi precedenti a questo riguardo. Oggi lei ha parlato nobilmente e giustamente il linguaggio di condanna di gesti siffatti e di attentati siffatti al di là e al di sopra delle parti. E noi, duramente colpiti nelle vite di aderenti al nostro movimento, non ci ribelliamo a questo suo linguaggio al di sopra delle parti. Riteniamo che oggi ella abbia fatto il suo dovere di ministro. Ma quando in altre occasioni ella, ancor prima che le indagini «stringenti» tali diventassero, quando indizi seri non erano stati ancora raccolti, è venuto qui non limitandosi ad esprimere il civile sentimento di tutti noi, ma ad accusare, d’accordo con altri settori politici (e purtroppo anche con il suo), una parte, la nostra parte, allora, onorevole ministro ella speriamo non accorgendosene ha seminato odio, ha suscitato rancore e risentimento contro una parte politica, per avventura contro la parte politica che in precedenti occasioni non ha esitato a collaborare duramente con la giustizia indicando presunti colpevoli; per avventura, quella parte politica la nostra che non si è stancata di parlare, e neanche in questa occasione rinunzia a parlare, il linguaggio della pacificazione nazionale; per avventura quella parte politica la nostra che in anni recenti, non in anni lontani, ha visto cadere altre vittime . Vidi cadere accanto a me un operaio di 33 anni, a Genova, Ugo Venturini, e abbiamo visto cadere a Salerno un ragazzo di 19 anni, Carlo Falvella: la Camera, siccome si trattava di carne «missina» o come volgarmente dicesi neofascista o fascista, non se n’ è occupata. Non se n’ è occupato il Governo, non se n’ è occupato il ministro dell’Interno, non se n’ è,occupato lei, onorevole ministro, qui, per accusare duramente qualcuno. E non glielo abbiamo chiesto, perché i nostri morti li onoriamo in santa pace e non ci piace onorarli qui dentro, tra l’ipocrisia degli uni e la sopita ferocia degli altri. Non ci piace. Lo facciamo adempiendo un duro dovere politico che c’impone, e ci autorizza però, al doloroso diritto di ricacciare in gola al Governo e a lei, onorevole ministro, quello che vi permettete di dire da troppo tempo contro la nostra parte. Ella è giunto a difendere financo la RAI-TV. La televisione di Stato (sulla quale siamo tutti impegnati a discutere, perché ho l’impressione che siamo in molti a non tollerare ulteriormente il monopolio e le porcherie della televisione di Stato), la televisione di regime, il giorno 13 aprile, nei Telegiornali delle 20,30 e delle 23, per quattro volte ha ripetuto (lo abbiamo annotato perché ci sono le nostre denunce e le nostre querele in corso) che le bombe di Milano erano state lanciate dai «missini», prima ancora che gli indizi potessero consentire di affermarlo o di smentirlo e nel momento in cui nessuno, a livello di magistratura e a livello di giornalismo responsabile e di ambienti politici responsabili, osava affermare ciò. Non sono state smentite quelle affermazioni, che sono penetrate quella sera e nei giorni successivi come un veleno corrosivo, come altrettante bottiglie molotov, nelle case di tanti italiani, e hanno seminato, attizzato odio: il triste mestiere al quale troppi tra voi si dedicano nei nostri confronti, ma non nei nostri confronti come deputati o senatori del Movimento Sociale Italiano-Destra nazionale, non nei nostri confronti come partito politico, nei nostri confronti come larga rappresentanza di opinione pubblica, una rappresentanza di opinione pubblica che in termini di civiltà osa dirlo e non posso certamente essere smentito, perché ne siete convinti forse più di noi in casi simili rappresenta molto di più dei tre milioni di nostri elettori. Sicché, signor ministro, riservi a migliore occasione una replica polemica nei nostri confronti e cerchi, almeno in questa occasione lo avremmo sperato di mantenersi fino in fondo al di sopra delle parti e di comprendere, se l’esser ministro dell’Interno glielo consente ancora, lo stato d’animo di uomini come noi che da tanti anni sono in battaglia, e sono apertamente in battaglia, e in questo momento vedono contro di sé la congiura e il complotto di tutte le altre parti politiche, ma non pronunziano, neanche in una occasione di tal genere, né la parola «vendetta», né la parola «rappresaglia». Io non le pronunzio, perché se le pronunziassi i primi a condannarmi sarebbero Mario e Anna Mattei, i genitori dei ragazzi bruciati. Penso che questa lezione di civiltà possa servire: gliela dedico, signor ministro.”

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