La sinistra è spenta ma circola il suo veleno

Marcello Veneziani – La VeritĂ  – 26 febbraio 2023

Non si fa in tempo a restare preoccupati dalle posizioni guerrafondaie del governo Meloni e dal suo appiattirsi sulla linea americana dei falchi democratici di Biden, che due piccole spie rosse si accendono nel nostro paese e ti fanno pensare a cosa accadrebbe se tornasse la parte opposta. La prima è l’intervista di Ignazio La Russa a Francesca Fagnani in cui il presidente del Senato, incalzato dalla belva o iena (non ricordo bene cosa sia), ammette che a lui sarebbe dispiaciuto avere un figlio gay; poi fa infiniti emendamenti alla frase per assicurare che un figlio gay lo avrebbe amato anche di più. Peccato mortale, avrebbe dovuto dire che sarebbe felice di avere un figlio gay, più felice dei figli veri ed etero che ha avuto. Non stiamo parlando di un fatto politico, non stiamo parlando di un fatto privato, anzi non stiamo parlando di un fatto accaduto. La persona in questione, il figlio gay, non esiste, è solo un’ipotesi astratta. Beh, per questa dichiarazione viene giù il mondo, e le truppe cammellate della stampa e propaganda, le boldrine e tutta questa bella gente, chiedono che la seconda carica dello Stato si dimetta subito, di corsa, per la gravità della sua dichiarazione. Torno a dire, che non si tratta di un comportamento, nè di una dichiarazione su persone e fatti reali, stiamo parlando di un’ipotesi astratta e capziosa.
Agli ipocriti basta il dire, e su questioni irreali, per chiedere cacciate, scomuniche e crisi istituzionali.
Se non fossimo un paese di ipocriti, vigliacchi e pecoroni, diremmo in tanti, se non quasi tutti, quello che l’umanità pensa da quando esiste. Quando sogniamo di avere un figlio lo immaginiamo sano, bello, intelligente, di buon carattere, che si sposerà e ci darà nipoti altrettanto sani, belli, intelligenti, che si faranno una famiglia e avranno i loro figli, eccetera eccetera. E’ un desiderio umano, umanissimo, benefico e sacrosanto, non lesivo e offensivo verso nessuno, che i figli e i nipoti proseguiranno il proprio nome, la propria famiglia.
Poi c’è la realtà. Hai un figlio che non risponde ai tuoi desideri immaginari. Che fai? Lo ami di meno, lo butti nel cassonetto, lo ripudi da grande, lo ritieni di serie b? Ma lo ami come gli altri, come se fosse quello che hai desiderato, se non di più. Questa è la realtà della vita. E si applica anche all’ipotesi di avere un figlio gay. In questo assurdo circo del politically correct bisogna invece dire quel che ti impongono di dire, e simulare se non la pensi in quel modo; altrimenti vai eliminato, non puoi avere incarichi pubblici, non sei considerato uomo civile. Non hai diritto a stare al mondo.
Secondo episodio, altrettanto noto. A Firenze ragazzi di destra fanno volantinaggio davanti al liceo; ma alcuni ragazzi di opposta tendenza ribadiscono l’imperativo territoriale, non avete diritto di venire qui con le vostre idee. Insulti reciproci, botte; stando a quel che si vede nel solo spezzone che ci è stato mandato all’infinito, le botte le danno più i ragazzi di destra. Insomma una deprecabile rissa, con colpe variabili tra le parti ma quasi sempre bilaterali. Episodio da condannare, protagonisti da punire. Punto. No. Viene fuori una preside, e nemmeno dello stesso liceo che, dopo aver citato Gramsci, sentenzia: si sta preparando il totalitarismo. Il pericolo proviene da destra, ossia da chi “decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi, in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri”. Intanto il muro lo alza lei, anzi mura vivo un intero mondo che la pensa in modo diverso dal suo. Dai uno calcio e sei di sinistra, sono scaramucce da ragazzi. Dai un calcio e sei di destra, e viene giù il giudizio universale: così cominciò Hitler, attenzione attenzione, sta risorgendo il fascismo. Se c’era un modo per eccitare il clima, eccolo trovato: da domani manifestazioni antifasciste che chiedono di cacciare tutti quelli che non la pensano come loro dalle scuole si affronteranno con contro manifestazioni di chi ribadisce le proprie idee di destra. Interviene il Ministro della Pubblica Istruzione per redarguire la Preside e soprattutto svelenire il clima, assicurando che non c’è nessun fascismo rinascente in Italia. Riapriti cielo. Il ministro si deve dimettere, ha parlato male dell’antifascismo (a cui si era genuflesso pochi giorni prima e in più occasioni), è fuori dalla Costituzione. Valditara stesso corre a Firenze per riparare il danno.
Risultato: il clima si accende e peggiora il livello del dibattito pubblico. La via d’uscita, per i custodi del Politically correct è una sola: chi si oppone al loro pensiero non merita di esistere, o quantomeno di esistere politicamente e di avere incarichi pubblici, anche se nati dal libero esercizio democratico del popolo sovrano.
Aggiungo un’altra considerazione: la destra al governo accende rancori e odi di mobilitazione che se dovessero incrociare lungo la strada le opposte delusioni di chi non si aspettava la Meloni completamente allineata a Biden, Draghi e Letta, c’è il rischio che si radicalizzi la situazione. Chi ci rimette, oltre il governo in carica, è il Paese intero.
Questi fatterelli che abbiamo raccontato sono un copione che va avanti dal millennio scorso e che col tempo anziché migliorare peggiora. Sono anch’io imbarazzato e preoccupato per la posizione assunta dal governo, c’è una propaganda di guerra imbarazzante, ci stiamo esponendo fino a rasentare la guerra nucleare. Ma poi quando vedo il trailer del prossimo film, ovvero il Ritorno dei morti furenti, con il loro fanatismo e il loro odio antropologico per chi dissente dal loro catechismo, allora mi dico: teniamoci questi al governo, perché quelli sono peggio. Poi speriamo in tempi migliori. Ma che brutta situazione, che voglia di non occuparsi più di queste cose feroci e dementi, di pensare altro, parlare d’altro, scrivere d’altro.

Oltre la destra: al convegno alla Fondazione An le belle storie degli italiani che fecero la storia del Msi

Sala stracolma e partecipazione qualificata, tra di loro anche i vicepresidenti di Camera e Senato Fabio Rampelli e Maurizio Gasparri e il segretario dell’Ugl Paolo Capone, per la presentazione del libro “Oltre la destra – Storie e uomini del Movimento sociale”, che si è tenuta venerdì 17 febbraio alla Fondazione An.Per la presentazione del libro della Eclettica Edizioni sono intervenuti alcuni dei redattori dell’opera, che raccoglie 11 saggi su personalità della destra che vanno da Giorgio Almirante a Pino Rauti, da Rutilio Sermonti a Gaetano Rasi. Uomini che hanno scritto la storia della destra e che rappresentano un riferimento tuttora attuale per il futuro della nazione.

Undici saggi per altrettanti riferimenti del Movimento sociale

Nel corso della serata, organizzata dall’Istituto Stato e partecipazione e moderata dal giornalista del Secolo d’Italia Valter Delle Donne, è infatti emerso un filo conduttore nelle vicende ricostruite delle personalità del pensiero politico, economico e culturale del Msi.

Ognuno dei protagonisti presi in esame nel volume, ha indicato rotte, tracciato sentieri che rimangono di straordinaria attualità e di profetica rilevanza. Il direttore di Realtà Nuova, Domenico Gramazio, che è stato per quasi 20 anni protagonista in Parlamento, ha fatto da attento Cicerone alla platea, con testimonianze personali su molti dei protagonisti citati nell’opera. Una miniera di aneddoti e testimonianze, arricchite di volta in volta dalla lucida analisi politica di Gennaro Malgieri, autore di uno dei saggi dell’opera, quello relativo a Carlo Costamagna. L’ex direttore del Secolo e dell’Indipendente, già parlamentare e consigliere d’amministrazione Rai, ha delineato la traiettoria che accomuna tutte le personalità prese in esame nel volume. “Non erano soltanto politici, a diverso titolo – ha ricordato Malgieri – ma pensatori che vivevano la politica attraverso un’elaborazione intensa. Basti pensare che diedero vita a quelli che oggi chiamiamo laboratori intellettuali, per renderci conto del primato della cultura che con vigore sostenevano”.

Oltre la destra: partecipazione e passione al convegno alla fondazione An

Federico Mollicone, presidente della Commissione cultura della Camera, ha evidenziato nel suo intervento la rilevanza del volume e l’importanza di iniziative come queste, che consentono di ragionare su pagine meno note della storia della destra italiana.

Un aspetto evidenziato nel suo intevento anche da Fabrizio Fonte, presidente del Centro Studi Dino Grammatico, che ha colto l’occasione per tratteggiare un profilo dell’uomo politico siciliano al quale la sua Custonaci ha appunto dedicato un centro studi.

Maurizio Gasparri ha voluto salutare la platea dedicando un ricordo speciale a Teodoro Buontempo, menzionato all’interno di Oltre la destra nel bel saggio firmato da Pierpaolo Naso. Un ricordo vivido e toccante, alla presenza di Marina Buontempo, in prima fila con Giuliana de’ Medici, figlia di Giorgio Almirante e segretaria dell’omonima fondazione.

Di ogni personalità citata nel volume, coordinato con zelante passione da Francesco Carlesi (autore anche dei capitoli su Giano Accame e Gaetano Rasi) è apparso chiaro che vi sarebbe materia per un convegno a parte.

Ma ciò che è apparso ancora più lampante, come hanno evidenziato tutti i relatori, da Raimondo Fabbri (suo il capitolo su Ernesto Massi) a Gherardo Marenghi (autore del capitolo sulla visione sociale di Giorgio Almirante), da Andrea Scaraglino (Msi e questione meridionale) a Juan de Lara (che ha redatto il capitolo su Rutilio Sermonti), è la rilevanza non solo per la storia, ma per il futuro di ogni battaglia politica e culturale dei personaggi citati.

Basterebbe pensare, come ha ricordato Gramazio, l’attualità del pensiero di Pino Rauti, che ha saputo preconizzare scenari impensabili, ma anche la visione per certi versi profetica di Beppe Niccolai. Nel corso del convegno ogni dettaglio ha confermato un’evidenza: e cioè quanto sia stato ricco e prolifico il mondo della destra italiana. Un mondo per troppi anni censurato dalla cultura dominante. Un libro, per dirla ancora con la illuminante definizione di Malgieri, “ricco di riflessioni che fanno giustizia del becero luogocomunismo della sinistra”. 

Mixer di Giovanni Minoli – Vent’anni di televisione torna stasera in seconda serata su Rai 3: 1987 Ospite del programma Giorgio Almirante

Stasera in seconda serata su Rai 3 per la serie Mixer vent’anni di televisione 

Foibe, Menia: “Il Giorno del Ricordo è arrivato tardi e con fatica. I negazionisti condannati dalla storia”

«Il Giorno del Ricordo è arrivato tardi, drammaticamente tardi: 60 anni dopo e con tanta fatica (l’ iter parlamentare è durato 10 anni)». A scrivere un lungo e vibrante intervento è Roberto Menia, il papà della legge che istituì il 10 febbraio come data per ricordare. Una data simbolo “per seminare memoria, recuperare dalla polvere della storia vicende nascoste, occultate, dimenticate, mai raccontate, infoibate anch’esse”. Il senatore di Fratelli d’Italia rammenta su Libero quanta  fatica sia costata arrivare a questo. Figlio di un’esule istriana, oggi afferma «Adesso il debito morale dell’Italia è in parte sanato». Ma quanta fatica e quanto tempo ci sono voluti per approdare ad un momento di pietas collettiva.

Menia: “Il Giorno del Ricordo è arrivato drammaticamente tardi”

“Richiesta di giustizia, amore, umanità, rispetto. E quando si semina prima o poi si raccoglie”, scrive Menia. Ma i rimpianti non si dissolvono:  il “Giorno del Ricordo” è arrivato tardi. “E molto, moltissimo, è andato perduto. I tesori della memoria di tanti vecchi, la cantilena della lingua del dolce sì, i profumi, lo spirito, le tradizioni. Troppi, donne e uomini, hanno chiuso gli occhi seppellendo con loro le vecchie care memorie. Le città hanno cambiato nome e quasi nessuno, oggi, in Italia conosce più Parenzo, Pola, Fiume, Zara: le chiamano Porec, Pula, Rijeka, Zadar”.

Menia, il bilancio: “In tanti hanno saputo quel che non sapevano”

“Convenienze politiche di ordine interno e internazionale indussero a cancellare dalla coscienza e dalla conoscenza degli italiani questa grande tragedia nazionale – scrive Roberto Menia-. Una tragedia che per decenni è rimasta confinata nelle memorie private delle nostre famiglie; lassù, in quell’angolo d’Italia alla frontiera orientale”. A quasi vent’anni dall’istituzione del giorno del ricordo, il bilancio che trae  Menia è in parte positivo: “è giusto dire che quella legge ha almeno in parte sanato il debito morale dell’Italia tutta nei confronti della tragedia giuliano -dalmata. Tanti hanno saputo quel che non sapevano. Nelle scuole si è iniziato a studiare, parlare, conoscere; città e paesi d’Italia hanno intitolato vie, parchi e percorsi alla memoria delle foibe e dell’esodo”.

“I negazionisti, piccole sacche condannate dalla storia”

Certo, non tutto è positivo: “Rimangono ancora, confinati fuori dal presente e da quel sentimento di umanità che dovrebbe legare ogni connazionale, i negazionisti in servizio permanente effettivo. Ma sono piccole sacche, condannate dalla storia. Oggi, 10 febbraio, l’Italia, quella dolce e orgogliosa di cui noi, figli dell’esodo, siamo innamorati, si riconcilia. E riconosce nella sua compiutezza il valore della grande prova che i giuliano -dalmati le seppero offrire.

FOIBE per non dimenticare , l’8 Febbraio a Roma in Fondazione Giorgio Almirante

Mercoledì scorso nella sede della Fondazione Giorgio Almirante a Roma anche noi abbiamo ricordato il dramma degli esuli Giuliani Dalmata e il dramma delle foibe insieme a Roberto Menia, padre della legge che ha istituito il giorno del ricordo, Roberto Rosseti, Federico Guidi e Oliviero Zoia