QUIRINALE

Siamo già entrati da una trentina di giorni in quello che viene chiamato “semestre bianco”, ovverosia i sei mesi che precedono l ‘elezione del nuovo Presidente della Repubblica al termine del settennato in cui è stato in carica Sergio Mattarella. Il figlio dell’ex leader della democrazia cristiana siciliana Bernardo Mattarella (l’uomo che sponsorizzò l’ascesa a sindaco di Palermo del discusso Vito Ciancimino), venne eletto dopo quattro votazioni svoltesi fra il 29 ed il 31 gennaio del 2015. La sua proclamazione ufficiale ed il suo giuramento come Presidente ebbero luogo il 3 febbraio alla presenza di quasi tutti i suoi familiari tranne un fratello, Nino, che, non si capisce per quale motivo, non viene mai citato nelle cronache giornalistiche al contrario del fratello Piersanti ucciso dalla mafia in un agguato a Palermo nel 1980.
Ancora non è stata stabilita la data precisa delle votazioni che si svolgeranno comunque in seduta congiunta Camera Senato ai quali rappresentanti si aggiungeranno quelli delegati dalle Regioni. E’ probabile che venga scelta proprio la giornata del 3 febbraio, quando Mattarella prestò giuramento, e mentre nelle prime tre votazioni verrà richiesta una maggioranza dei due terzi dei votanti, dalla quarta in poi sarà sufficiente quella semplice. Fra le ipotesi sul tappeto vi è anche da considerare, come già è avvenuto per Giorgio Napolitano, che qualcuno proponga un bis nell’incarico per l’attuale Presidente anche se il primo a smentire questa possibilità è proprio lui.
L’altro nome che, fino al voto delle recenti amministrative, andava per la maggiora è quello dell’attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi che ben presto verrà anche giudicato meritevole del premio Nobel per la pace, possibile primo astronauta italiano a scendere su Marte, unico uomo mondiale in grado di occuparsi in maniera proficua di clima ed ambiente e visto che siamo in Italia e lo sport conta, anche prossimo allenatore della nazionale di calcio dopo Mancini. Peccato sia anche la persona che, insieme ad Andreatta e Prodi, si battè maggiormente per le privatizzazioni e la svendita all’estero delle più importanti società italiane, la stesso che venne ospitato sul Britannia ormeggiato a Civitavecchia insieme al faccendiere Soros e al comico Beppe Grillo per parlare della situazione economica italiana ( a quale titolo sia stato invitato il saltimbanco ligure ancora ce lo devono spiegare), il fine cervellone che per aiutare l’attuale governo a navigare negli scogli infidi della politica italiana ha ritenuto necessario imbarcare personaggi come l’ex commissario straordinario all’emergenza covid, Domenico Arcuri , accusato di corruzione, peculato ed abuso d’ufficio per la vergognosa storia delle mascherine acquistate dalla Cina tramite il faccendiere ed ex giornalista rai Mario Benotti, e la strenua paladina dei diritti del lavoratori l’ex ministro Elsa Fornero. Grazie al supporto di quest’ultima si andrà in pensione minimo a settanta anni compiuti e con 45 anni di contributi buttandoci finalmente alle spalle l’odiosa quota cento. Per entrambi, alla faccia dei pensionati al minimo, sono stati stanziati lauti compensi perché è giusto che i sacrifici li facciano gli altri mentre continui il “bengodi” per chi ha sempre avuto le mani in pasta.
A favore di un SuperDraghi alla Presidenza della Repubblica si sono schierati immediatamente sia il leader della Lega Matteo Salvini che la sua omologa Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Per salire al Quirinale Draghi dovrà lasciare vuota la poltrona di Palazzo Chigi e questo porterà dritti dritti a seguire la strada delle elezioni anticipate perchè sarà difficile se non impossibile trovare un personaggio che sia gradito alla maggior parte dei partiti che siedono in Parlamento per continuare a governare un paese senza rivolgersi alle urne. E’ vero che i precedenti di Monti, Renzi, Conte , Draghi stanno lì a dimostrarci esattamente il contrario ma è altrettanto vero che a furia di tirarla la corda si spezza.
In questa situazione il Pd si pone in una cauta posizione di attesa ed il segretario Enrico Letta ha assicurato che di Quirinale si parlerà soltanto dopo le festività natalizie. Ancora più mellifluo il vero uomo-ombra del Pd, Goffredo Bettini che, parlando dell’ipotesi Mario Draghi, non ha esitato ad affermare: “Non vorrei che Draghi, per uno sfortunato combinato disposto, ossia, non fa il capo dello Stato e poi fanno cadere il suo governo, scomparisse dalla scena politica italiana. Sarebbe un disastro”. Il pensiero è andato immediatamente alle votazioni del 2013 quando Romano Prodi, che era il candidato del Pd, venne impallinato da cento franchi tiratori provenienti proprio dal suo gruppo.
Ancora una volta a tirare nascostamente i fili di quello che potrebbe essere lo scenario delle votazioni di febbraio non manca l’apporto del mai domo Silvio Berlusconi che, in questi giorni, è anche uno dei più strenui sostenitori e difensori del governo Draghi.
Nonostante gli acciacchi (orma entra ed esce dagli ospedali italiani ed esteri con una velocità impressionante anche se non è sfuggito ai più che questo spesso capita in occasione della celebrazione di processi a suo carico) ed il peso delle numerose primavere (fortunatamente per lui ha spento già per 85 volte le candeline del suo genetliaco) Silvio Berlusconi ha sempre religiosamente conservato la speranza di finire la sua carriera sul gradino più alto del Colle come autentico “Padre della Patria”. Visto che i suoi predecessori non hanno sicuramente dimostrato di essere dei luminari della politica, della democrazia e del buon gusto (basta citare il fatto che per almeno due di loro sono ancora consultabili gli articoli pubblicati sull’Unità in cui si esaltava l’ingresso dei carri armati sovietici in Ungheria e l’uccisione di chi osava ribellarsi al terrore comunista) si deve essere prefisso l’idea di togliersi quest’ultima soddisfazione. E’ per questo che, anche recentemente , non ha esitato a dichiarare: “Draghi sarebbe sicuramente un ottimo Presidente della Repubblica ma mi chiedo se il suo ruolo attuale, potendo continuare nel tempo, non porterebbe maggiori vantaggi al nostro Paese”
Sicuramente non gli manca l’abilità nello sgusciare come un’anguilla e la facilità nel convincere le persone, basti ricordare quando ,nel 2010, 314 parlamentari italiani votarono in aula che Ruby era la nipote del Presidente egiziano Mubarak e che le sette telefonate fatte da Berlusconi alla Questura di Milano erano esclusivamente dovute al suo ruolo di Stato nei confronti della nipotina di un uomo con un ruolo importante nel Mediterraneo.
Del resto l’ex direttore di Panorama ed attuale parlamentare di Forza Italia, Mulè, non ha esitato nel dire di essere soddisfatto perché, dopo dieci anni, Berlusconi è stato assolto dall’accusa di aver corrotto i testimoni del processo Rubi ter. “Sono convinto che abbia un credito enorme con l’Italia, la legittimazione alla Presidenza della Repubblica sarebbe un minimo risarcimento per quello che ha subito. Io lo voterò convintamente quando ce ne sarà la possibilità, argomentandolo dal punto di vista storico, attuale , politico “.
Chissà se Mulè, attento giornalista, si sarà reso conto che , solo pochi giorni dopo, la Cassazione ha definitivamente confermato la sentenza di condanna a due anni e dieci mesi per l’imprenditore pugliese Giampaolo Tarantini accusato di aver reclutato escort, negli anni che vanno dal 2008 al 2010, e averle portate nelle residenze proprio di Silvio Berlusconi
In effetti nella vita ti può capitare di tutto ma di fronte a certi avvenimenti quello che si richiede è almeno un po’ di buon gusto. Soprattutto a chi pensa di poter essere scelto quale Presidente di tutti gli italiani. Certe volte ritirarsi in buon ordine evita almeno di fare brutte figure.
Roberto Rosseti.

Pubblichiamo l’articolo di Marco Vannucci nostro associato

Ma stavolta, le giustificazioni, ricordano quando marinavamo la scuola firmando la scusa sul diario imitando la firma di un genitore. 9 su 10 venivamo scoperti, ed allora erano guai. Ed il centro destra, alle recenti amministrative, ha perso. Inguaiandosi. E perso male. Quindi avanti con le giustificazioni, che sono arrivate, puntuali. Immancabili. Iniziando dal ricordare come nessuna, delle metropoli, era amministrata dal centro destra. Tutto vero, ma neppure dal centro sinistra vedi Roma e Torino, per esempio, oppure Napoli, guidata da una lista civica. Analizziamo questa sconfitta, anziutto la scelta dei candidati: nomi eccellenti, per carità! Ma nessuno di loro capace di smuovere la passione del Popolo, e nessuno di loro mai visto prima tra la gente comune. Sono apparsi all’improvviso come usciti dal cappello di un prestigiatore. Ed i leader dei partiti della coalizione del centro destra, Meloni e Salvini in testa, hanno le loro brave colpe, eccome! Purtroppo, nel ascoltare le loro dichiarazioni, non le hanno ancora capite. Mettersi contro il green pass è stata una scelta infelice quando i dati parlano di oltre lo 80% degli italiani vaccinati. Massimo rispetto per i no vax e nemmeno discuto sull’efficacia dei vaccini o se sono preferibili cure alternative, non sono un medico e non m’inoltro in materie a me sconosciute, però meritava andare contro la stragrande maggioranza degli italiani? Il no al green pass è una scelta di libertà, e potrei essere pure d’accordo, un green pass inutile iniziando dal trasporto urbano, ma lo Stato ha il diritto dovere di tentare di arginare questa maledetta pandemia ad ogni costo. Seppure commettendo errori. Che li ha fatti e pure tanti, soprattutto con le improvvide improvvsazioni del Governo precedente. Banchini con le rotelle, inutili e costosissimi, docet. La seconda nota, ancora più dolente, è l’accanimento politico contro il reddito di cittadinanza. Sappiamo tutti che, così com’è, il reddito di cittadinanza presenta delle gravissime lacune artefici dello sfruttamento da parte di persone indegne, dai mafiosi agli stranieri neppure residenti in Italia, ma promettere l’aiuto alle imprese, le assunzioni e quant’altro, sono promesse sulla carta. Mentre milioni di famiglie vivono con il sostentamento del reddito di cittadinanza. Famiglie che hanno fame oggi, non dopodomani. Inalienabile è il diritto dovere di serrarare ed intensificare i controlli, di migliorare la procedura in ogni fase, impiegare i riceventi il reddito in lavori socialmente utili. Si può togliere? Certamente, ma solo dopo che avrai dato il lavoro. Toglierlo senza il lavoro certo, cara Giorgia Meloni, significa l’essere lontani anni luce da quella destra sociale disegnata da Almirante. Non stupirti, quindi, se quelli come me non si sono recati alle urne. Non voto chi non mi vuole, non voto chi non mi difende, non voto chi vuole cacciarmi. E non voto, sappi, chi mescola galant’uomini come Giovanni Gentile con i neo Farinacci, esaltati e violenti come lo fu il Roberto da Isernia, seguendo gli stereotipi falsi come una moneta da 3 euro, che non esiste, fatti passare dalla sinistra che odia accusando gli altri di odiare.

Marco Vannucci

Batosta a Roma per aver buttato a mare una grande storia

Pubblichiamo perche’ condividiamo in pieno le parole  di Francesco Storace .

L’articolo e’ stato pubblicato sul www.7colli.it il 19/10/2021

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Leggo i risultati di Roma e mi chiedo a che serva buttare a mare una storia. Nella scelta della candidatura e nella gestione della campagna elettorale del centrodestra.

Fascisti non si deve essere. Missini nemmeno. Magari è più gradito dichiararsi democristiani.

Una storia mortificata a Roma

Poi, non ci si può meravigliare se all’improvviso scopri che gli elettori hanno preferito il mare ad ottobre, perché non trovavano la destra. Preferiscono le piazze ai seggi. Vota pochissima gente e non sarà facile essere rappresentativo per Roberto Gualtieri, al quale facciamo comunque gli auguri di buon lavoro.

Ma è incredibile come il centrodestra si sia fatto mettere sotto dalla propaganda altrui. E qui non c’entra nulla Enrico Michetti, al quale hanno affidato lo scettro. Bravissima persona, non c’è dubbio, ma non si può combattere il vento contrario con le mani. Si lotta, si chiama la controffensiva, si risponde colpo su colpo. Chi aveva venerato Giorgio Almirante in gioventù, si sentiva l’apologia di Alcide De Gasperi per rispondere alla Cgil…

Con l’elezione diretta dei sindaci non si può essere ecumenici. Con la bassa percentuale di affluenza che si è registrata, andava bene anche il candidato divisivo, che doveva caricare a molla i suoi e portarli tutti ai seggi. Ora ci siamo messi in testa di dover prendere voti in campo altrui e li perdiamo a casa nostra.

Prendiamo Fratelli d’Italia. A che è servita la caccia interna ai “nostalgici” nel partito? Non lo sapete che ce ne sono a iosa? Perché metterli alla porta? Per Fanpage? (e non mi riferisco a quelli un po’ strani, diciamo).

Nessuno insegue dittature del passato, ma ho la sensazione che quei “nostalgici” pretendano solo rispetto per i nostri padri.

Se si vuole anche io mi sono espulso da solo da questa politica, per non inquinare questi partiti cosiddetti democratici dove i leader comandano in solitudine. Non capisci più dove ti trovi quando persino uno come Guido Crosetto si arrabbia e ti insulta etichettandoti come “una brutta persona” per un tweet assolutamente innocente.

Csiamo abituati. Se avessi un programma tv lo intitolerei “I suscettibiliSono quelli che se dici qualcosa che non gli garba, piagnucolano e telefonano all’editore.

Poi toccherà alla Fiamma tricolore

La prossima sarà togliere la fiamma tricolore dal simbolo. È lillusione della democristianitudineper mondarsi della gioventù fascista. Peccato.

Chi pensa di essere maggioranza del Paese – e vale pure per Matteo Salvini, non solo per Giorgia Meloni – non deve nascondere storie, uomini, candidati. Deve esserne orgoglioso senza soccombere a questa sinistra. A Roma la storia c’era e poteva costruire il futuro.

Adnkronos intervista Giuliana de’ Medici segretaria nazionale della Fondazione Giorgio Almirante

FASCISMO: FIGLIA ALMIRANTE, 'PER DONNA ASSUNTA VERO PROBLEMA E' CHI NON ARRIVA A FINE MESE'** =
'cosa frega alla gente di tutto questo? Su Fn Lamorgese si
assuma sue responsabilita, non certo Meloni'
Roma, 14 ott. (Adnkronos) - ''Anche mia madre pensa che il vero
problema oggi non è il fascismo e l'anti fascismo, ma la povera gente
che deve arrivare alla fine del mese...''. Lo dice all'Adnkronos
Giuliana de' Medici Almirante, figlia dello storico leader missino
Giorgio e di Donna Assunta, che lo scorso luglio ha compiuto 100 anni
e da tutti viene considerata la memoria storica vivente della destra
italiana, quella della Fiamma tricolore. Donna Assunta non concede
interviste da anni, per scelta, spiega la Giuliana de' Medici che però
lascia intendere chiaramente il disagio della madre difronte alle
roventi polemiche di questi giorni sul fascismo, scatenate dagli
scontri di piazza con i vertici di Forza Nuova a 'cavalcare' la
protesta dei no green pass.
"In questo momento -insiste- il vero problema non è il fascismo e
l'antifascismo, ma la gente che è esasperata, ha bisogno di lavoro e
più libertà, non sa come fare per comprare qualcosa da mangiare. La
gente vuole uscire, vuole anche tornare a divertirsi. Chiediamoci come
mai tanta gente era in piazza sabato scorso. Sicuramente è andata lì e
si è fatta condizionare da quattro scellerati ma non posso credere che
Forza Nuova riesca a convogliare tutte quelle persone in piazza, un
sabato pomeriggio. Evidentemente tanti italiani non ce la fanno più".
Da qui la stoccata al governo Draghi: ''Che ce ne frega del fascismo e
dell'antifascismo ora, si occupassero dei problemi concreti della
gente, del lavoro, di come arrivare a fine mese. Basta con queste
polemiche sul fascismo nel 2021, il governo si preoccupasse delle cose
serie.
"E' inutile polemizzare su queste cose- avverte Giuliana de' Medici
che gestisce la segretaria nazionale della Fondazione dedicata a suo
padre-. Ci sono frange extraparlamentari che scimmiottano i simboli
fascisti, ma che non sono fascisti. Ai tempi del fascismo ci sono
state delle cose positive e delle cose negative, come la mancanza di
libertà. Almirante ha sempre detto: 'non rinnegare ma non
restaurare...'''. Le critiche alla Lamorgese? ''Il ministro
dell'Interno deve fare il ministro e quando ha questi personaggi
davanti'', come Fiore e Castellino, "non può autorizzare una
manifestazione, è assurdo. Voglio, infine, rispondere a Letta: è la
Lamorgese che si deve assumere le responsabilita, non certo la
Meloni".
(Vam/Adnkronos)

FORZA NUOVA: FIGLIA ALMIRANTE, 'FIORE E CASTELLINO DELINQUENTI, MIO PADRE SEMPRE PRESO DISTANZE' =
Giuliana de’ Medici, 'fascismo finito con Mussolini, Meloni non
deve rinnegare nulla ma non tagli legame con Msi'
Roma, 14 ott. (Adnkronos) - "Fiore e Castellino? Sono solo dei
delinquenti, non si può definire in altro modo gente che in piazza si
comporta in questa maniera...''. Giuliana de' Medici Almirante, figlia
dello storico leader missino Giorgio e di Donna Assunta, non usa mezzi
termini per condannare i vertici di Forza Nuova, Roberto Fiore e
Giuliano Castellino, che hanno partecipato all'assedio della sede
della Cgil e agli scontri di piazza sabato scorso in occasione delle
manifestazioni no green pass. ''Dirò una cosa che non ho mai sentito
dire: in piazza -si sfoga con l'Adnkronos- non c'erano dei fascisti,
ma semplicemente dei delinquenti e i delinquenti non sono né fascisti,
né comunisti, sono dei delinquenti e basta...''.
Giuliana de' Medici Almirante, che si dedica a tempo pieno come
segretario nazionale all'attività della 'Fondazione Almirante' cita le
parole del padre: ''Almirante diceva sempre che queste persone
procuravano danni due volte: in piazza per quello che facevano e
danneggiavano il suo lavoro e quello del partito, l'Msi. Non
dimentichiamo che mio padre è stato eletto democraticamente dal popolo
italiano e sedeva legittimamente in Parlamento. Lui -assicura- non
aveva niente a che fare con questi signori: li ha sempre tenuti alla
larga, non aveva nessun contatto con loro. Dopodichè, quando si inizia
a fare un discorso di carattere politico sul fascismo, io sono
convinta che nessuno deve prendere distanze da niente".
Da qui un suggerimento a Giorgia Meloni: ''Non deve rinnegare nulla
perchè non ha nulla da rinnegare'', ma ''non pensi di tagliare
qualsiasi legame con l'Msi, perchè in questo caso sbaglierebbe visto
che l'Msi rappresenta la storia della destra italiana. Quanti ragazzi
sono morti in nome di questo partito e quante persone hanno lavorato
senza ricevere nulla? Msi è stato all'opposizione in Parlamento senza
avere avuto mai posti di governo, nè nei cda di aziende, ma solo
perchè credeva nelle idee. Questa è e deve essere l'anima della destra
italiana. Fdi non può rifiutare l'Msi, anche perchè nel suo simbolo
conserva la fiamma tricolore'', rimarca Giuliana de' Medici, che si
richiama ancora una volta ''all'insegnamento'' del leader del
Movimento sociale: ''In tempi ben lontani Almirante spiegò in modo
semplice e chiaro che il fascismo è nato e morto con Benito Mussolini.
Non c'è, quindi, possibilità di replica del fascismo, non essendoci
più l'uomo che lo ha creato''.
(Vam/Adnkronos)

FASCISMO: FIGLIA ALMIRANTE, 'OK CASSAZIONE SU SALUTO ROMANO, E' MOMENTO COMMEMORATIVO' =
Giuliana de' Medici, 'in tempo di Covid non stringersi mano è la
cosa migliore, non c'è paura di contagio...'
Roma, 14 ott. (Adnkronos) - ''Secondo me è vero quel che dice la
Cassazione, perchè si tratta di un momento commemorativo. Ricordano i
morti come loro erano abituati a salutarsi allora''. Giuliana de'
Medici Almirante, figlia dello storico leader missino Giorgio e di
Donna Assunta, commenta con favore all'Adnkronos la decisione della
Cassazione di non considerare reato il 'saluto romano' in un contesto
'commemorativo' e di annullare senza rinvio "perché il fatto non
sussiste" la condanna in appello dei quattro imputati che il 25 aprile
del 2016, nel cimitero Maggiore di Milano, si erano riuniti al Campo X
per commemorare i morti della Repubblica sociale italiana.
''E poi'', dice con una battuta per sdrammatizzare Giuliana de'
Medici, "oggi come oggi, in tempo di Covid, il saluto fascista è la
cosa migliore che ci possa essere. Non ci si stringe la mano, così non
abbiamo paura di contagiarci, meglio di così...".
(Vam/Adnkronos)

Perché mezza Italia e forse più non è antifascista

Ma finitela con questa caccia al fascista, al saluto romano, al busto del duce, al cimelio dell’epoca, alla mezza frase nostalgica e al gesto cameratesco. Si capisce lontano un miglio la malafede della caccia al fascismo ripresa con le ultime inchieste: serve a colpire e inguaiare la Meloni e il suo partito. E ancora più subdoli e cretini sono i finti consigli alla suddetta: diventa antifascista, fai come Fini. Che infatti finì nel nulla, bocciato dagli elettori, scomparso senza gloria. Un’esortazione al suicidio per ottenere post mortem la patente democratica e la riabilitazione in memoria.

Ponetevi piuttosto un problema molto più serio e molto più attuale: perché mezza Italia e forse più non si riconosce nell’antifascismo, non si definisce antifascista, anzi nutre riserve e rigetto? E’ una domanda seria da porsi, dopo che il fascismo fu sconfitto, abbattuto e vituperato, dopo che furono appesi i corpi dei capi, dopo che fu vietata ogni apologia, dopo che sono passati quasi ottant’anni tra tonnellate di condanne, paginate infinite, manifestazioni antifasciste, divieti, lavaggi del cervello a scuola e in tv, perché c’è ancora mezza Italia che non vuole definirsi antifascista? Quella maggioranza non è antifascista ma non è affatto fascista, se non in una piccola percentuale residua, se non amatoriale; gran parte di loro non si riconoscono affatto nel fascismo, lo reputano improponibile, superato. Per loro è assurdo già solo porsi la domanda. Ripudiano violenza, razzismo, guerra e dittatura. Semmai una larga fetta di loro ritiene che si debba giudicare il fascismo nei suoi lati negativi e positivi, senza demonizzazioni; neanche il comunismo fu male assoluto. Molti di loro vorrebbero un giudizio storico più equilibrato, più onesto, più veritiero.

Il vero problema che evitate di vedere non è la persistenza presunta del fascismo nella società italiana ma l’ampiezza dell’area di opinione che non vuol definirsi antifascista e non si riconosce nell’antifascismo. Avete provato almeno una volta a porvi la domanda, senza aggirare le risposte con moduli prestampati e retorica celebrativa? Noi ce la siamo posta e non da oggi. E la riassumiamo così.

Tanti italiani non si definiscono antifascisti perché a loro sembra grottesco usare una definizione che aveva un senso nel ’45, all’età dei loro nonni, quando invece vivono coi pronipoti del terzo millennio. Non si definiscono antifascisti perché a molti di loro sembrerebbe monca, carente una definizione del genere perché così escluderebbero o addirittura assolverebbero altre forme di dittatura, di totalitarismo e di dispotismo, a partire dal comunismo.

Tanti italiani non si definiscono antifascisti perché è ben vivo il ricordo delle bandiere rosse che monopolizzavano l’antifascismo, dei cortei militanti col pugno chiuso e più recentemente dei movimenti antifà e dei nuovi partigiani a scoppio ritardato. Sanno che l’antifascismo fu l’alibi per i compromessi storici, le aperture e l’egemonia comunista e si tengono alla larga.

Tanti italiani non si definiscono antifascisti, come invece viene loro prescritto, perché non credono al bianco e al nero, hanno conosciuto per vie traverse e quasi clandestine le storie che non si vogliono far sapere, e che riguardano sia il regime, sia i suoi avversari, sia la guerra partigiana e non vogliono schierarsi conoscendo crimini e misfatti di quel tempo e di quei versanti.

Senza andare lontano, anzi restando in casa, molti italiani ricordano loro padre, loro nonno fascista e hanno di lui una memoria e un giudizio molto diversi rispetto al mostro dipinto dalla vulgata antifascista. E ricordano cosa raccontava. Tanti italiani non si riconoscono nell’antifascismo perché non ci stanno a considerare i loro famigliari in camicia nera come dei criminali, sanno che non è vero, non è giusto; e poi, sono i loro cari.

Tanti italiani non si definiscono antifascisti perché reputano balorda, divisiva e riduttiva la rappresentazione storica che ne deriva, con tutta la storia e l’identità del Paese ridotta alla distinzione manichea tra fascisti-antifascisti. Preferiscono attenersi alla realtà e diffidano dell’ideologia.

Tanti italiani non si definiscono antifascisti perché non sono di sinistra e non vogliono avallare il loro gioco politico, non vogliono farsi strumentalizzare, capiscono che serve solo per arrecare danni e vantaggi alla politica presente.

Il nostalgismo fascista oggi non ha valenza politica in Italia ma solo emotiva, sentimentale, simbolica, araldica, al più cameratesca; fa parte del modernariato. Mentre il rifiuto dell’antifascismo, quello sì, ha una precisa valenza e ricaduta politica, è un chiaro messaggio politico su cui dovreste riflettere.

Aggiungo che fanno bene quei tanti italiani a non cascare nel gioco di pretendere un’abiura davvero insensata e anacronistica. Allontanando dalla politica l’uso improprio del fascismo, si può invece rivendicare il diritto a un diverso giudizio storico sul passato e sul fascismo, fondato sulla realtà e sul lavoro degli storici seri. È sacrosanto tentare di ricucire la storia d’Italia nelle sue scissioni più dolorose e cogliere il filo unitario che la percorre, anche nelle lacerazioni. Non certo per vellicare propositi revanscisti che sarebbero come minimo falsi e ridicoli; sia fascisti che antifascisti. Non si rimpiange un ventennio dopo un ottantennio, c’è un limite matematico e logico, oltre che di buon senso.

Infine, se credete davvero che la storia d’Italia debba cominciare e finire con l’antifascismo, elevato a religione civile, obbligo di leva, e perno costituzionale, chiedetevi perché mezza Italia non si riconosce in questo schema. Se dopo tanti decenni di rieducazione, repressione, propaganda e religione civile, mezza Italia e forse più non si riconosce nell’antifascismo, il problema non è della Meloni ma è vostro, di voi antifascisti in servizio permanente effettivo e dell’esempio che avete dato. Diciamolo: avete fallito.

Riportiamo l’articolo di Marcello Veneziani pubblicato su La Verita’ il 10 ottobre 2021

 

2021 – E’ risorto l’antifascismo

Non ho avuto modo di conoscere molto Rachele negli anni scorsi. Abitando all’estero non ci sono state molte occasioni di incontrarci. E’ mia zia, ma essendo lei più giovane di me è una cosa che non le piace: preferisce dire che siamo cugini, e anche io lo preferisco. 
Ciò che mi ha sempre colpito di lei è la sua umiltà e la pacatezza. E’ una persona buona, di cuore, che si è sempre impegnata in quello che ha fatto. Come ad esempio lo ha fatto questi ultimi 5 anni di consiliatura capitolina, dopo essere stata eletta una prima volta in una lista civica legata a FdI con circa 600 preferenze. Ho avuto modo di incontrarla una volta nel Campidoglio e una nel suo ufficio in via del Tritone un paio di volte, sempre di corsa presa da mille incombenze. Ho seguito le sue attività da consigliera, apprezzandone l’impegno profuso. 
E poi ci sono state le recenti elezioni amministrative a Roma, e Rachele Mussolini è stata la candidata col maggior numero di preferenze, più di 8.000. Apriti cielo, è iniziata la caccia alle streghe da parte della sinistra e variegato mondo a loro collegati. Attacchi personali e sessisti, mai sui programmi o il suo operato politico.
Basta leggere lo sproloquio di Gramellini nella sua rubrica sul Corriere della Sera del 7 u.s., dove non pago di insinuare che sia stata votata solo per il cognome, postula arditamente che sia merito anche del nome, e che sia stata votata da chi rimpiange il Duce. Come se la sua elezione fosse prodromica a una nuova marcia su Roma, cent’anni dopo la prima…
Secondo molti esponenti della sinistra, una persona che si chiami Mussolini non dovrebbe candidarsi alle elezioni (è successo sovente anche a me), e se la votano in tanti è sicuramente per il cognome (o nome), mica perché è capace, ha lavorato bene o si è impegnata. Loro sono i pontificatori in SPE, quelli che dall’alto della loro saccenza con sicumera giudicano cosa sia lecito, oppure no.  E guai e contraddirli: la democrazia, della quale ne esaltano le virtù a ogni piè sospinto, vale solo quando a loro fa comodo. Da Sempre per loro valgono i “due pesi e due misure” – mentre a destra non è così – e dalla sinistra, perennemente attenta al politically correct e al sessismo, faccio notare che non si è alzata nemmeno una flebile voce a difesa di Rachele per gli ignobili attacchi subiti.
Ogni volta che si avvicinano le elezioni, lo spettro dell’onda nera ricompare puntuale come la marea. L’antifascismo in assenza di fascismo è l’unica cosa che gli rimane. Non hanno idee, non hanno proposte politiche. Sono alieni che hanno da tempo perso il contatto con la realtà delle periferie fatta di persone e lavoratori che faticano ad arrivare a fine mese. Quelle che invece Rachele conosce bene e che l’hanno votata a Roma. 
Concludo dicendo che ha ragione Rachele nel rispondere ai tanti padri confessori – pronti a elargire l’assoluzione che la renda libera – che “parlare di fascismo è un discorso troppo lungo”. Invero non è solo lungo. E’ complesso, ampio, vasto, eterogeneo e va contestualizzato a quel periodo storico. E Il tutto è reso ancora più difficile dalla mistificazione in atto oramai da troppi anni. Urge trovare una visione condivisa del passato per poter pensare finalmente al futuro del nostro martoriato paese, per il bene dei nostri figli. Si cercano volenterosi a sinistra.
Caio Giulio Cesare Mussolini