Destre e governo: se la Fiamma resta alternativa al mondialismo

Massimo Magliaro , ( Barbadillo.it  25 agosto 2022 )

Quello che conta sono le ri-fondamenta di questa Destra, cioè i nuovi ideologi, i nuovi pensatori, i nuovi filosofi ai quali questa Destra restaurata intende attingere

 

Ieri si autoproclamava “democratica”, oggi si autoproclama “conservatrice”. E’ la Destra italiana. 

Prima ancora si chiamava nazionale e sociale e durò mezzo secolo in barba a leggi liberticide, al terrorismo rosso e a quello dei Servizi segreti, a scissioni pilotate, alla asfissiante censura dei giornali ed alla micidiale ostilità delle banche. 

Oggi è una Destra in rifondazione. Fuori mostra il cartello “Lavori in corso”.

Non si tratta della Fiamma. 

La Fiamma è un simbolo e, come tutti i simboli, è amato da chi vi si riconosce e odiato da chi non vi si riconosce. Che dunque gli avversari della Fiamma e della sua Storia chiedano di spegnerla è un loro (sterile) diritto. Sta a chi ne è custode difenderla e tenerla accesa. Se questo non avviene vuol dire che la custodia viene meno. Il che è un problema etico, estetico e politico, perché ogni politica vive di simboli (perfino Di Maio ne ha uno), si riconosce con i simboli, si identifica anche (non solo) nei simboli.

La questione non è Fiamma sì-Fiamma no.

Quello che conta sono le ri-fondamenta di questa Destra, cioè i nuovi ideologi, i nuovi pensatori, i nuovi filosofi ai quali questa Destra restaurata intende attingere. E conta il perché vengono scelti.

Ci ha aiutato il meeting milanese di Fratelli d’Italia di fine aprile. 

Lì c’è stato chi ha definito “filosofi padri” e “pietre miliari” della Destra rifondata, e buona, Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises, due austriaci sbarcati, il primo, nel Regno Unito e, il secondo, negli Stati Uniti e diventati capiscuola del nuovo pensiero liberale che si è andato articolando in correnti e controcorrenti (anarcocapitalisti, liberalconservatori, anarcoliberisti, neolibertariani) tutte rigorosamente funzionali al potere mondialista oggi dominante. 

Un fecondo pensatoio che ha rinvigorito l’idea (un po’ vecchiotta) che l’obiettivo principale del pensiero conservatore è la “liberazione dallo Stato”. L’ennesima esaltazione del libero mercato.

Siamo anni luce lontani dal pensiero cui la Destra nazionale e sociale italiana ha attinto e che l’ha caratterizzata come una originale e coraggiosa forza innovatrice sia per le istituzioni sia per l’economia e il lavoro. 

D’un colpo sono spariti Sorel, D’Annunzio, Marinetti, Pareto, Gentile, Rocco, Arias, Carli, Del Vecchio, De Ambris, Manoilescu, von Greene, Blanc, de Saint Simon, Spirito, Fourier, Owen, Proudhon. Sparite con un colpo di bacchetta magica le Encicliche sociali della Chiesa, dalla “Rerum novarum” di Leone XIII alla “Centesimus annus” di Giovanni Paolo II alla “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI, che hanno costantemente ribadito davanti al mondo che carità e verità camminano, insieme, su una strada opposta al relativismo materialista (quindi anche liberale-liberista-libertario) e che quella da perseguire decisamente è l’economia sociale di mercato (non il mercato-padrone dei liberali né lo Stato-padrone dei marxisti). Sparita la via costituzionale per la rappresentanza politica del lavoro. Sparita l’alternativa corporativa alla tecnificazione della politica. Sparito l’autogoverno del mondo produttivo. 

Tutta robaccia, tutte macerie. 

Dico queste cose senza la nostalgia di una Storia cui appartiene, senza se e senza ma, la mia vita. Le dico con grande amarezza per l’oggi e per il domani, per il mio Paese che rischia di sprecare la grande occasione di non affogare nel mondialismo sempre più intollerante con chi dissente, sempre più prepotente con chi si oppone, sempre più liberticida con chi non si uniforma. Un’occasione grande per l’Italia ma anche per l’Europa che ci è sempre piaciuto chiamare Nazione, come ci insegnò Filippo Anfuso, e non Unione, come ci imposero De Gasperi-Schumann-Monnet.

Mi viene in mente una considerazione che Jean-Marie Le Pen ha fatto con me più volte: andare al potere è cosa buona e giusta, ma per che fare?  Per realizzare il tuo programma o quello degli altri? quello per il quale hai raccolto il consenso oppure quello che gli “alleati” ti ingiungono, cortesissimi, di portare a casa, tanto-ormai-sei-arrivato-al-traguardo?  

Gianfranco Fini ci arrivò. Che resta di quella storica “prima volta”? Eppure anche lui ci portò bei nomi.

Ecco, con quei filosofi padri e quelle pietre miliari cui è stata fatta l’apologia a Milano, dove si va, che strada si percorre, dove si arriva? Alla mèta, dirà qualcuno: la tua o la loro?

Assumendo i princìpi di von Hayek e di von Mises cosa si potrà dire a chi, fra qualche mese, dovrà fare i conti con una situazione sociale che si annuncia drammatica come poche nel dopoguerra? Ai giovani, alle giovani famiglie, ai pensionati, ai precari, agli immigrati? Che futuro gli si promette? Con quali sogni? Con quali progetti? Con quali bandiere? Forse col libero mercato? 

E’ questo il traguardo conservatore? 

Nel Regno Unito, ai tempi della Thatcher, ci fu un dibattito assai acceso fra conservatori “classici” e thatcheriani (i liberal-conservatori). 

La spuntò la lady di ferro. La sua esperienza durò un decennio. Si disse sì al nucleare. Si depenalizzò l’aborto. Si mantenne la pena di morte. Venne privatizzata l’industria pubblica più importante. Regnò la deregolamentazione.

Sono ancora modelli?

Con il pensiero di quei “filosofi padri” (padri anche della Thatcher) sì, sono ancora modelli. 

Il 25 settembre gli italiani voteranno anche su questo liberismo d’importazione con cui si vuole rifondare la Destra italiana. Ma a furia di parlare liberale-liberista-libertario ci si troverà a parlare anche atlantista, proprio come predica il Council on Foreign Relations.

Il sol dell’avvenire non sorge più a est, come dicevano gli antenati di Letta, ma ad ovest, come dice Biden. 

Tutto si tiene, diceva Alberto Giovannini.

Gratta il conservatore e trovi il liberale.

Quel che questa Destra rifondata propone è davvero “altro” rispetto a quel che conoscevamo. Ma altro non vuol dire nuovo. Vuol solo dire altro, cioè differente, distinto e distante, estraneo, (forse anche) intruso. 

Non sono nuovi Pera, Tremonti, Nordio, Terzi di Sant’Agata. Sono rispettabilissime persone. Ma sono altro da me e da chi non ha mai spento la Fiamma né lasciato in cantina idee, valori, progetti, suggestioni, memorie che sono stati, tutti insieme, la nostra Storia. Per questa Storia  non furono pochi coloro che ci lasciarono la vita. 

Volevano conservare o volevano cambiare?

Ricordo assai bene il dicembre 1984, quando la sede nazionale del Msi passò da via Quattro Fontane 22 a via della Scrofa 39. 

Fu una festa. 

Adesso è tempo di traslochi.   

C’è chi entra e c’è chi esce.

*Scrittore e giornalista, già portavoce di Giorgio Almirante e direttore di Rai International

@barbadilloit

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